Rocco

Rocco è un illustratore che per creare le sue opere si ispira alla fauna selvatica. Vive a Sasso Marconi, in una casetta che pare uscita da una fiaba moderna. Come un piccolo fungo, all’ombra del grande ponte di cemento che la sovrasta, la casa di Rocco (r)esiste all’avanzare del cemento. Mentre i rumori dei lavori del cantiere riecheggiano tra il cortile e l’orto, il tranquillo chiocciare delle galline crea un suggestivo contrasto con la grigia solidità del cemento, facendo percepire la resilienza di una vita lenta. Saliamo le ripide e strette scale a chiocciola per andare ad accomodarci nello spazio dove Rocco quotidianamente vive e lavora.

Rocco ci racconta, mentre accarezza il proprio gattino, di essere cresciuto in un paese in provincia di Latina, “un luogo, tra mare e montagne, che amavo e che per me è paradiso.” Ma all’età di 37 anni sceglie di  spostarsi a Bologna, città dove fumetto ed illustrazione fioriscono.

Rocco in città sente una forte nostalgia della natura, e ci confida che il suo sguardo è sempre rivolto alla montagna, provando un profondo fascino nei paesaggi selvatici e nell’idea di ridare vita ai luoghi abbandonati. Inoltre, essendo il lavoro di Rocco ispirato al regno della natura, per lui “avvicinarsi e conoscere ciò che raffiguro, sia nella realtà fisica di un’entità viva, concreta, sia nel sentire che vi è dentro è fondamentale per il mio benessere spirituale ed il mio percorso di vita.”

Nel 2017 quindi, Rocco e la sua compagna si trasferiscono in montagna, optando per l’Appennino, per mantenere vivi i legami lavorativi e sociali bolognesi. La montagna segna una profonda trasformazione nella loro vita e l’adattamento è un processo complesso ed impegnativo. Rocco spiega che qui gli eventi sono rari e si svolgono spesso in ambienti intimi, come le case, il che richiede una buona conoscenza del luogo e delle persone per poter partecipare alla vita sociale. I lunghi spostamenti in macchina per raggiungere i luoghi d’interesse, sebbene complicati, creano allo stesso tempo un’atmosfera intima e significativa, poiché ognuno si è impegnato a essere lì, e nessuno è presente per caso. Questo è specialmente vero durante il rigido freddo invernale, quando capita che le strade si congelino e che la neve ricopra tutto. 

Rocco ci racconta che in montagna il fuoco assume un’importanza speciale, poiché scandisce il tempo in modo diverso. La fatica di tagliare e sistemare la legna diventa parte di un ritmo che accompagna il susseguirsi delle stagioni. Il fuoco rappresenta non solo il calore della stufa nella solitudine casalinga, ma anche le amicizie con cui ci si riunisce intorno alle fiamme dei falò esterni. Per Rocco “in montagna si ricontattano gli elementi: fuoco, aria, terra, acqua, cielo.” Durante la primavera e l’estate, si concede bagni freddi nei fiumi circostanti, per poi distendersi al sole, “in un verde che abbraccia.”

Nel 2020 nasce, dal desiderio di creare uno spazio per tutt*, il circolo culturale della Bisaboga. 

Rocco ci confida che la fatica non è stata trovare uno spazio (fortuna ha voluto che questo fosse in comodato d’uso ad alcuni amici), ma mettere insieme molte persone diverse, che si conoscevano poco, con cui, tramite un percorso di facilitazione, trovare le risposte ad interrogativi su come gestire lo spazio, il suo funzionamento, e la sua organizzazione.

Nonostante le visioni differenti, il gruppo concorda nel definire lo spazio della Bisaboga come un laboratorio in progress che mira ad un’ampia inclusività. Questa è una realtà orizzontale, dove ogni decisione viene presa in assemblea. Nel tempo il gruppo responsabile dello spazio si amplia e stabilizza, fino ad arrivare alle trenta persone di oggi, ed aumentano esponenzialmente anche i partecipanti alle iniziative, rendendo  Bisaboga punto di riferimento per la comunità locale.

Per Rocco “la Bisaboga“ è un organismo mutevole, un crocevia che prende posizione nel fare. E’ un posto in continua trasformazione, la cui l’identità è continuamente ridefinita dalle persone e delle tante piccole realtà locali che lo attraversano.”

Uno degli obbiettivi dello spazio è fare sì che le diverse realtà del luogo si conoscano e contaminano tra di loro, cercando così di integrare le differenze culturali esistenti. 

Nell’offrire spazio e nel creare occasioni di aggregazione questo gruppo informale ha dato la possibilità alle associazioni del territorio di fare networking, riscontrando fin da subito tanto entusiasmo e partecipazione alle iniziative. Così nasce parallelamente il progetto della Rete Appenninica, partendo dalla mappatura delle varie realtà culturali, artistiche e politiche esistenti in Appennino. La Rete Appenninica propone oggi eventi su temi specifici come l’abitare, l’arte, le pratiche per fare rete e l’economia di comunità. 

La comunità che frequenta la Bisaboga è variegata: famiglie con bambini, piccoli contadini, artigiani, artisti, musicisti, anziani. 

Rocco ci racconta che negli ultimi anni in Appennino ci sono state varie ondate di migrazioni, specialmente durante e subito dopo la pandemia di Covid-19. Oggi, per via di questa repentina richiesta di case, è difficile trovarne.  Ma c’è anche chi, scoprendo le difficoltà della montagna, si è ricreduto e se ne è andato. 

In ogni caso, per Rocco ”chi sceglie di venire a vivere qui in età adulta, lo fa consapevolmente, perseguendo motivi specifici.”

Queste motivazioni sono diverse, rendendo la popolazione dei nuovi arrivati diversificata:   ci sono gli immigrati extracomunitari (come la comunità musulmana di Marzabotto) che, cercando case economiche, già dagli anni ‘’90 si trasferisce in zone isolate e spopolate; ci sono i nomadi digitali in cerca di silenzio e tranquillità; ci sono le persone che lavorano nell’agricoltura locale (una minoranza, essendo questa difficile e poco remunerativa). 

Ci sono anche molti creativi, ma secondo Rocco ” un artista che arriva qua pensando di voler vivere con quello che c’è nel territorio persegue un sogno irrealistico.” 

Molti degli abitanti dell’Appennino sono infatti pendolari che ogni giorno prendono la macchina o il treno verso Bologna; molti  lavorano con il turismo, aprendo B&B o mettendo i propri alloggi su Airbnb, e persino montando yurte nei propri giardini. 

Per Rocco questo fenomeno turistico ha due facce: da un lato c’è il turismo sostenibile, lento ed in contatto con il territorio, che porta nuove connessioni umane e sostiene l’economia del luogo; dall’altra parte c’è il turismo predatorio, veloce ed egoistico, che aumenta il rischio di aumentare il prezzo delle poche case rimaste disponibili, per toglierle dal mercato per adibirle ad uso ricettivo.

Anche se le motivazioni sono varie, la maggior parte delle persone che si trasferisce in Appennino è unita dal desiderio di conoscere ed entrare in contatto con le persone e con il territorio. 

Qui per vivere è indispensabile fare comunità e conoscersi, in virtù delle difficoltà che il territorio montano comporta. 

Rocco ci rivela che gli autoctoni spesso, avendo qui una rete sociale e familiare stabile ed essendo attrezzati per le evenienze disastrose intrinseche nella natura montana, non hanno necessità di ampliare le loro reti sociali.  

Questo però è molto diverso per i neo-abitanti, che non essendo attrezzati e non avendo ancora conoscenze adeguate, sentono forte bisogno di vicinanza umana. 

È così che la montagna pullula di micro comunità, forti ed unite, basate sullo scambio, la cooperazione, la cura reciproca e la solidarietà. 

Sono quindi le difficoltà a dare lo stimolo alle persone per auto-organizzarsi: la mancanza di ospedali vicini crea un circuito di doula per aiutare il parto in casa, e la mancanza di mercati locali ha dato lo stimolo per creare la Firaboga, dove produttori della zona possono vendere i propri prodotti alla Bisaboga.  

Rocco ci dice che sogna grazie all’organizzazione informale dal basso di riuscire a coprire alcuni servizi, come l’aiuto della ricerca alla casa. Rocco ci tiene però anche a sottolineare che molti servizi, come quello sanitario, dei trasporti e delle infrastrutture dovrebbero essere garantiti agli abitanti dalle istituzioni.

Rocco dice determinato: “questo contatto stretto con la montagna,  questo vivere dentro la natura è qualcosa che tutti sentiamo forte. Lo vogliamo, però deve essere possibile: se non ci sono i servizi essenziali diventa veramente difficile.”

Nonostante tutte le difficoltà, la comunità montana è resiliente ed unita. Rocco ci saluta dicendoci che spera che i meccanismi esistenti di solidarietà e di cooperazione diventino sempre più forti.