Stefano

Stefano ha 42 anni, è musicista, performer e scultore, e vive a Grizzana Morandi.

Uscendo da casa di Annamaria (cap. 6), vediamo Stefano seduto sotto la veranda in legno che si è costruito. Ci accoglie ridendo felice ed offrendoci, con le sue mani forti, una tisana accompagnata dal miele che autoproduce.

Stefano è cresciuto a Monte San Pietro, tra l’Appennino Tosco Emiliano e Bologna. Passa l’adolescenza girando in vespa per i colli bolognesi, facendo giocoleria e suonando tra gruppi punk in centri occupati.  Finito il liceo decide di studiare psicologia a Padova. Qui però, invece che immergersi nell’università, Stefano passa il tempo stringendo legami con artisti di strada, e dopo un paio d’anni decide di iniziare la propria vita nomade: compra un camper e diventa a sua volta un artista di strada. Decide poi di studiare all’Accademia di Cinema di Bologna dove, studiando animazione stop-motion, nasce il suo amore per i pupazzi.

“Sono stato molto fortunato perché sono cresciuto in una famiglia di imprenditori dove non mancava niente, ed i miei genitori mi hanno lasciato la libertà di provare e di sbagliare” ci dice Stefano. Infatti la madre, ispirata dal Codice dell’Anima di James Hillman, gli ripete spesso che il destino di ognuno è segnato alla nascita, ed è il motivo per cui veniamo sulla terra. Dopo vari vagabondaggi e dopo la morte del padre, Stefano decide di prendere casa vicino alla famiglia, con i suoi amici Lorenzo e Cristiano, con cui “eravamo già da anni insieme in balotta, a girare e fare spettacoli,” ed Annamaria. Dopo un anno di ricerche trovano la casa perfetta in Appennino: un casale dove poter “avere spazio comunitario, però ognuno con la propria indipendenza; nel tempo abbiamo visto tante situazioni comunitarie esplodere.” Così ognuno costruisce il proprio appartamento privato, ma decidendo di lasciare alcuni spazi, come il giardino ed il magazzino-laboratorio, ad uso comunitario.

Stefano ci racconta che con i vicini hanno trovato “un linguaggio comune per riuscire a comprendersi: c’è un rispetto reciproco ed ascolto. I rapporti però sono simili alla città perché ognuno fa i fatti suoi.” Stefano ci dice che a suo parere infatti i dissapori che si possono creare non derivano solo dall’avere personalità diverse, da questioni territoriali o di soldi, ma anche, e soprattutto dal “se le persone hanno voglia di fare comunità ed aiutarsi a vicenda o se vogliono mettersi i bastoni tra le ruote. Questa cosa succede sia in montagna che in città.” In ogni caso Stefano ci rivela che in montagna si ha maggiore bisogno dell’aiuto di chi ci sta vicino, specialmente per difendersi dalle intemperie naturali.

Per Stefano però questo isolamento ha anche diversi aspetti positivi.

Viaggiando molto tra Festival in Italia ed all’estero, performando spettacoli di musica e teatro di strada, nella tranquillità e nel silenzio della montagna, Stefano ha la possibilità di rilassarsi e ricaricarsi.

Inoltre, avere la possibilità di scaldarsi con la legna raccolta da sé o di coltivare il proprio cibo, gli permette di avere la consapevolezza di poter sopravvivere a prescindere dal risultato economico del proprio lavoro artistico e di avere il privilegio di decidere dove indirizzare la propria energia: “so di avere sempre un piano B, cosa che è stata fondamentale durante la pandemia.” Allo stesso tempo però ci dice che portare avanti sia l’autoproduzione che il lavoro artistico nei festival non è possibile perché “quando dai energia a qualcosa inevitabilmente ne togli ad un’altra.”

Qui in montagna Stefano ha anche modo di seguire i propri ritmi e stimoli creativi: creare nuove opere e creazioni, ispirandosi a ciò che ha intorno e facendosi incuriosire dalla possibilità di imparare nuove cose dall’ambiente che lo circonda, utilizzare nuovi materiali ed avere lo spazio necessario per sperimentare.

Stefano ci dice che la sua naturale curiosità lo ha spinto, invece che specializzarsi su una sola attività, ad imparare molti tipi di arti diverse: è un grande appassionato di cinema, crea pupazzi e marionette, è performer, giocoliere, marionettista, ma soprattutto musicista; per lui infatti ”suonare è una condizione naturale.” Stefano è oggi polistrumentista ed appassionato di strumenti antichi; spesso nel silenzio della propria casa ricerca alcuni di questi antichi suoni per poi unirli a composizioni di musica elettronica.

Stefano ci rivela che nei quindici anni che ha vissuto in montagna è riuscito a costruirsi una vita sicura ed appagante. Oggi permette alle possibilità artistiche di arrivare da sole, senza rincorrerle: “sto lasciando che le cose evolvano da sole, senza stressarmi perché fortunatamente non devo difendermi nella vita. Non sono troppo agitato dal fare una grande carriera artistica, per quanto sto avendo delle bellissime soddisfazioni.”

Stefano crede che l’arte sia presente in ogni piccola cosa, e che abbia “molto a che fare con la natura. Noi siamo espressione della natura, ed esprimendo qualcosa di noi, un sentimento, chiunque può fare arte. Un giardiniere che cura le proprie piante con amore e mette la propria anima nel proprio lavoro è un’artista.” Stefano ci dice infatti che il suo obiettivo quando performa non è intrattenere il pubblico ma “distillare la propria anima, trasmettendone l’essenza sotto forma di tecnica e pensiero per curare il pubblico dalla mediocrità di cui li hanno fatti ammalare. Le persone non lo sanno, abituati a ad evitare le stranezze e le particolarità che hanno dentro, ma ognuno può trovare dentro di sè quella scintilla di creatività che possiamo chiamare arte.”

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