Simone & Valentina

ARS RURALIS 

Simone e Valentina vivono in un antico rudere contadino a Rodiano, in Valsamoggia. Sono una coppia di artisti, performers, antropologi e musicisti.   

Per raggiungere la loro casa, lasciamo l’auto sulla strada asfaltata e procediamo a piedi lungo una stradina di ghiaia, che offre una vista mozzafiato sugli Appennini.

Giunte in cima, ci troviamo di fronte a una vecchia casa in pietra. Tutt’intorno ci sono oggetti di ogni genere appesi a muri ed alberi, tra opere d’arte, attrezzi da lavoro e misteriosi simboli magici. 

Di fronte all’antico rudere c’è una piccola costruzione in legno che Simone e Valentina utilizzano quotidianamente: essendo la casa contadina stata abbandonata per molti anni, al momento è in ristrutturazione.

Sedute al grande tavolo di fronte alle due dimore, sorseggiando un tè verde, ascoltiamo la loro storia.

Simone e Valentina intraprendono percorsi di vita paralleli che li conducono verso un destino comune. Nel 2009, Valentina si laurea in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, presentando una tesi sperimentale incentrata sulla relazione tra il rito ed il teatro, realizzando una perfomance-rituale. Decide poi di trasferirsi in montagna con il sogno di creare, insieme a due amici, un centro culturale montano che funga da rifugio per artisti. Simone si laurea nel 2014 in antropologia, e lo stesso anno si trasferisce sull’appennino bolognese, insieme a Valentina.

Simone condivide con Valentina la passione per la natura, uno spirito artistico e una curiosità per le tradizioni antiche. Il loro incontro avviene proprio grazie a queste affinità, e da lì nasce un amore destinato a crescere nel tempo. Decidono di trasferirsi in una casa in affitto in Appennino, dove iniziano a immaginare insieme un luogo di accoglienza per artisti, spettacoli e musica. 

Quando il vento si alza, la coppia interrompe il racconto per condurci all’interno della casa di pietra, dove ci sediamo attorno a un grande focolare contadino su vecchie sedie di paglia. L’ambiente è pervaso dall’odore di polvere, paglia ed erbe aromatiche appese alle pareti ad essiccare.

Il racconto riprende e ci dicono che un giorno, mentre stanno esplorando il territorio alla ricerca di erbe commestibili, Simone e Valentina si addentrano in una zona ricca di vegetazione. Piano piano, seguendo le erbe spontanee, si trovano davanti al rudere abbandonato che sarà la loro dimora, completamente nascosta dalla vegetazione. I due, affascinati ed incuriositi, decidono di chiedere informazioni ai vicini e alle vecchiette del luogo per rintracciare il proprietario. Ci mostrano così il santino di Aldo, custodito sopra il camino, che raffigura l’uomo che ha loro venduto la casa. Ci raccontano che Aldo, fino ai novant’anni, visitava regolarmente la proprietà, vestito sempre con abiti di lana, indipendentemente dalla stagione. Ci narrano della sua vitalità, della sua abilità nel muoversi per i boschi e della sua preoccupazione nel conservare l’autenticità della casa, temendo che potesse essere trasformata in una residenza estiva. Quando però Simone e Valentina dimostrano di avere un legame profondo con la vita contadina e un rispetto per la storia della casa, Aldo si convince finalmente a concedere loro l’acquisto del podere per ri-abitarlo. 

Ci confidano che, sebbene trovino problematico il concetto di proprietà, hanno gradualmente sviluppato la necessità di possedere uno spazio proprio per poter realizzare progetti a lungo termine, lavorare il terreno e adattare la casa alle loro esigenze, un privilegio non sempre disponibile in affitto o in comodato d’uso. 

Allo stesso tempo, riconoscono che essere proprietari di casa ha le proprie sfide. 

Simone e Valentina hanno dato vita ad un progetto d’arte dal nome Ars Ruralis   che si occupa, tra le altre cose, di Arte Ambientale o Land Art, che gli permette di creare grandi sculture fatte di rami flessibili intrecciati. Ciò che li affascina dell’intreccio è la possibilità di disegnare con i rami anche grandi forme tridimensionali nello spazio solo con l’utilizzo del materiale vegetale raccolto in loco. Durante l’estate, le loro opere d’arte offrono un rifugio fresco e invitante, dove le persone si possono ritirare per meditare ed ascoltare i suoni della natura. Le loro sculture, ci dicono, essendo esperienziali hanno una qualità terapeutica, consentendo a chi le osserva e vi interagisce di connettersi con la natura e di apprezzarne la forza. L’intreccio, infatti, suscita meraviglia per la sua semplicità ed efficacia nel sostenere il peso, dimostrando la potenza intrinseca della natura stessa.

Valentina e Simone hanno collaborato con realtà  internazionali, come il progetto Aeson Atlas , che sta sviluppando un parco transfrontaliero delle arti unendo la Slovenia e l’Italia . 

Per Valentina e Simone la land art può contribuire a  preservare gli ambienti rurali minacciati da progetti di sviluppo insostenibili, come la costruzione di mega strutture e deforestazione. Attraverso progetti artistici, cercano di conservare sia la bellezza naturale che le opere d’arte, offrendo una risorsa di lotta contro gli speculatori.

A livello locale, hanno realizzato diversi interventi tra cui “L’orecchio del bosco”

una grande installazione di rami intrecciati nell’azienda agricola Al di là del fiume a Marzabotto, in collaborazione con l’Unione dei comuni della valle del Reno.

Ci narrano che vorrebbero attraverso i loro interventi artistici contribuire alla riscoperta di certi luoghi attraverso un’approccio poetico alla natura   La loro concezione, infatti, mira non solo a creare punti panoramici arricchiti da sculture naturali, ma anche a invitare i visitatori a riflettere e a connettersi con il paesaggio circostante. Questa visione rappresenta per loro un’alternativa al turismo di massa, privilegiando un approccio più contemplativo e artistico alla valorizzazione del territorio. La coppia sottolinea il loro impegno nel creare un rapporto profondo tra ambiente, arte ed espressione, invitando a una conoscenza più profonda e intensa di sé stessi e del mondo circostante. Questa prospettiva, ci dicono, va al di là del fruire la natura come una semplice distrazione dalla quotidianità o come di un’esperienza salutistica, ma costituisce piuttosto un’opportunità per esplorare e comprendere appieno la complessità e la bellezza del sé e dell’ambiente naturale.

Ci dicono infatti che credono nella necessità di vivere un luogo intensamente, cercando di stabilire relazioni con tutti gli esseri che lo abitano: dagli umani alle piante, e persino agli esseri invisibili che popolano il luogo. Per loro, riabitare un luogo significa proprio questo: creare connessioni profonde e reciprocità con tutto ciò che lo attraversa. 

Valentina e Simone sono oggi così impegnati nel cercare di riabitare il luogo che vivono, instaurando relazioni con l’ambiente circostante che vanno oltre il rapporto con gli abitanti locali, ma che si estende a ogni elemento della natura, dalle piante agli animali che popolano la zona. È un approccio olistico che mira a costruire un legame profondo e armonioso con il territorio in cui vivono.

La loro arte è mutata da quando vivono nella casa contadina: “abbiamo sempre fatto lavori scultorei, ma negli ultimi due anni siamo diventati noi stessi sculture viventi in movimento.”

Con amore e dedizione, Simone e Valentina trasformano infatti le zucche che adesso hanno la possibilità di coltivare in lampade, strumenti musicali, e maschere. Uno dei loro progetti più affascinanti è la creazione di maschere Antropoetiche, indossate insieme a  costumi realizzati interamente con materiale vegetale. Questo lavoro si esprime attraverso performance incentrate su suono e movimento, che celebrano i cicli e i rituali di rinascita della natura, dove ogni movimento e suono delle maschere racconta una storia di connessione e armonia con il mondo. Ci mostrano poi una maschera sonora che, una volta indossata, regala al performer la possibilità di emettere suoni grazie agli strumenti nascosti al suo interno. È il perfetto connubio tra la musica e l’arte delle maschere.

Questi esseri (I Linfa Suono) che gli artisti creano sono concepiti per mettersi in contatto col proprio inconscio, e mettere in contatto la natura ed il selvaggio con il mondo umano e culturale, costituendo un ponte tra questi due mondi. Le maschere che realizzano sono ispirate all’antichità, alla natura e ai riti delle stagioni.

Nonostante però queste figure siano nate per trasmettere un senso di accoglienza e vicinanza tra essere umano e natura, è comune che siano percepite come spaventose. Simone e Valentina pensano che questo possa derivare dalla mancanza di dialogo con la natura, che già dal 1900, ha generato una graduale perdita del rapporto di conoscenza e rispetto nei confronti dell’ambiente naturale.

La coppia ci rivela di vivere della propria arte, e delle difficoltà nel riuscirci. Ci dicono che il loro obiettivo è quello di “portare l’artigianato nell’arte e l’arte nell’artigianato.” Ci spiegano che quando realizzano un’opera, sono coinvolti in ogni fase: dalla raccolta del materiale nel bosco, alla pulizia e selezione dei materiali, fino alla creazione dell’opera stessa, compreso il progetto e la struttura. Inoltre, si dedicano anche alla parte concettuale del lavoro e alla sua promozione e divulgazione.

Simone e Valentina sono coinvolti in varie attività tradizionalmente legate all’artigianato. Performance come musicisti in festival medievali e celtici, e creano anche artigianato storico, con diversi tessuti tra cui il feltro e la canapa, per il quale hanno condotto una ricerca sull’iconografia del mondo etrusco per creare abiti e cappelli storici. Valentina, essendo specializzata in scenografia, si occupa anche della realizzazione di maschere e costumi, oltre a realizzare tavole botaniche. Simone, d’altra parte, si dedica alla costruzione di strumenti musicali tradizionali del territorio italico ed internazionali legati alla musica popolare, medievale, orientale ed indiana, e si è specializzato nella costruzione di flauti traversi di canna e di sambuco. 

Nel futuro Valentina e Simone nutrono il desiderio di espandere il proprio lavoro anche nel verde urbano, e di trasformare gli spazi cittadini in luoghi di bellezza e spiritualità. Immaginano di collaborare con altri artisti e giardinieri per creare un giardinaggio artistico per dar vita a scenari che arricchiscono l’ambiente metropolitano e che ispirino riflessioni sulla propria connessione con la natura.

Per loro, la casa non è solo un’abitazione, ma un autentico scrigno di tesori culturali. Ovunque sulle pareti della loro casa contadina è possibile trovare opere d’arte create con materiali di recupero, osservare vecchie foto in bianco e nero dei contadini della zona, ed ammirare antichi oggetti agricoli. La coppia, custodisce con amore e passione questi tesori della quotidianità del passato, sogna di dedicare una porzione della loro proprietà per realizzare un centro culturale ed informativo: un luogo che custodisca racconti, oggetti e tradizioni locali, con l’intento di tramandare alle generazioni future la ricca storia e l’identità del territorio. Vorrebbero inoltre creare uno spazio multifunzionale dove mostre, eventi culturali e incontri possano prendere vita, offrendo agli abitanti della zona e ai visitatori l’opportunità di immergersi nei mondi che creano tramite la loro arte.

Infine, nello spazio circostante la casa immaginano la realizzazione di un parco di sculture, dove le loro creazioni possano integrarsi armoniosamente con la natura circostante, offrendo agli spettatori un’esperienza visiva e sensoriale indimenticabile. Questo parco sarebbe un luogo di incontro, di contemplazione e di riflessione, dove l’arte e la natura si fondono in un’unica visione poetica e suggestiva.

Se vuoi contattare gli artisti o seguire i loro eventi:

anomissmn@gmail.com

arsruraliss@gmail.com

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